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L’arte contemporanea in Rete in rapporto ai nuovi orizzonti economici

di Claudio Parrini 

Queste considerazioni sull’arte riguardano l’arte digitale, più precisamente, tra le diverse forme in cui questa si esplica, l’arte telematica.

Credo che tali riflessioni anche se proposte con intenti chiarificatori e dichiarativi sono e restano questioni aperte; anzi, forse svelano ulteriori dubbi e paradossi.
Cercare di delineare dei volti ben definiti alle varie realtà che compongono il mondo dell’arte contemporanea in Rete non è al momento un facile obiettivo; abbiamo a che fare da un lato con dei fantasmi, dei revenants dell’arte tradizionale, dall’altro lato con un  qualcosa di futuribile, situazioni che si prefigurano, che stanno per accadere ma difficilmente identificabili.

Con questo scritto tenterò di arrivare più vicino possibile al cuore pulsante del tema, solo per osservarlo; anche se il percorso lo vedo folto d’ ortica cercherò di aprire dei piccoli sentieri, perché è necessaria molta cautela –e a tratti addirittura diffidenza- verso le descrizioni generali ed interpretazioni globali delle esperienze artistiche in Rete, visto il tipo di terreno instabile e la sua naturale continua modificazione.
Esaminando, anche storicamente, la questione si potrebbe individuare tre grandi aree che compongono il territorio telematico relativo specificamente alle pratiche artistiche in Internet: un area ben consolidata, un area trasformata in palude, e quella che pur essendo individuata non appare ancora chiara e definita, sulla quale proverò a  focalizzare l’attenzione...
La prima area è costituita dall’arte che si potrebbe definire estrema, nel senso che essa è difficilmente riconoscibile nel sistema dell’arte tipico: gallerie, musei, collezionisti, ec. Questo tipo di approccio artistico inizia intorno alla fine degli anni Ottanta attraverso l’esperienza dei BBSs -bacheche elettroniche-,  con la loro filosofia altamente interattiva, l’atteggiamento libero ed orizzontale, contro ogni criterio censorio; intendendo l’arte come apertura di spazi. Ci troviamo di fronte ad una decentralizzazione del soggetto.
Questo stile artistico si sviluppa in seguito su Internet  occupandosi sempre e soprattutto di tematiche di carattere etico-sociale-politico come la difesa della privacy, la ricerca, la sicurezza, la crittografia, la diffusione di software “aperto” (come Linux), il problema del copyright, il rapporto arte ed hackeraggio. Due esempi: la situazione europea rappresentata da Nettime (www.nettime.org), in Italia il gruppo StranoNetwork (www.strano.net).
La seconda area è rappresentata dal momento artistico che coincide con l’esplosione di Internet ( Internet nasce nel 1990 con la scrittura del linguaggio HTML, ma si “ufficializza” nel 1994-1995). E’ il fare arte inteso come “essere in Rete”, a prescindere dal “come e dal perché” . Tutti: artisti, critici, gallerie, musei, ec. realizzano le proprie pagine web e le mettono on-line, sognando facili glorie, solo per il fatto di essere ubiqui.
E’ l’apice della mescolanza tra arte “bassa” e arte “alta” dove lo spostamento del singolo è rivolto verso luoghi di soggettività individuale.
La mancanza di una riflessione teorica o quantomeno giustificativa al fatto di lanciarsi su Internet ha provocato degli effetti “bolla di sapone”, così come, qualche anno prima,  accadde per la Realtà Virtuale. Dopo la massiccia pioggia di chimere quest’ area della Rete ha prodotto zone paludose dove le agognate aspettative si sono incagliate con il risultato di  produrre siti web annaspanti, il più delle volte imbalsamati. Volendo citare qualche esempio è assai difficile visto l’enorme quantità esistente.
Tra coloro i quali che attivamente hanno saputo interpretare lo spirito della Rete troviamo quei soggetti che lavorano seguendo il concetto di arte come pratica di networking.
Il networking come capacità di adoperarsi nei circuiti telematici per realizzare modelli comunitari compartecipativi. Un’operazione di network relativa all’arte consiste nel costruire e mantenere in vita una comunità che abbia come interesse primario l’arte.
E’ il creare-spazio-comune attorno a qualcosa (l’arte contemporanea), raccogliendo gli “abitanti”, disponendoli nello stato d’animo di potersi relazionare insieme ad essa, respingendo le dinamiche generaliste e televisive, che Internet sembra stia abbracciando sempre più.
Creare-spazio telematico sulle problematiche dell’arte da condividere in maniera coevolutiva; questo è il compito del networker che si occupa di arte. Qualche esempio: The Thing (www.thing.net), Rhizome (www.rhizome.org), in Italia UnDo.Net (www.undo.net).
Ma le nuove frontiere dell’arte in Rete devono, e soprattutto dovranno, confrontarsi con il fenomeno appena nato della New Economy, in cui il sistema dell’arte, degli investimenti e del commercio elettronico intrecceranno i ruoli, le competenze e le mete, a favore della creazione ed evoluzione di ulteriori paradigmi dell’arte.
In Internet è in atto una vera e propria guerra commerciale combattuta con strategie diplomatiche, unioni, operazioni di borsa, ec. Ne sono testimonianza in questo inizio di millennio, le numerose alleanze e fusioni tra le grandi majors; Aol-Time Warner, Deutsche telekom-Lagardère, Sampaolo-Imi e Tiscali.
Conseguentemente a situazioni di accentramento del potere economico assistiamo ad una crescente “verticalizzazione” del modello di interfaccia comunicativa.
Davanti al cosiddetto “diluvio informazionale” stiamo passando dal dispositivo portal (inteso come porta su Internet attraverso la quale si può accedere direttamente ed agevolmente a determinate categorie ed argomenti, usufruendo nello stesso tempo di vari servizi: free-net, invio di messaggi ai cellulari, caselle postali, ec.), al dispositivo vortal (vertical portal, il quale è dedicato ad uno specifico tema con target e contenuti ben mirati). Questo delicato aspetto deve mettere in discussione tutta la problematica del filtraggio e della censura, che se effettuati con parametri e mire puramente commerciali sicuramente saranno a danno degli utenti.
In un certo senso sembra di assistere ad una sorta di “ritorno all’ordine” dell’arte, e contemporaneamente ad una categorizzazione improntata su registri correlati solamente al business.
Il problema è di far fronte a sconosciute, esplorabili (e certamente floride) altre forme di visibilità, circolazione e monetizzazione dell’arte.
E se esistono dei casi di operazioni artistiche, inquietanti e allo stesso tempo interessanti come oggetto di studio estetico, che si sono rivelate vere e proprie macchine per fare soldi: la vicenda del pittore americano Thomas Kinkade (da sei anni via Internet ha già trattato 10 milioni di pezzi, incassando nel 1999 oltre 350 milioni di dollari), ci saranno sicuramente dei casi in cui oltre al un naturale riscontro economico si affianca una vera produzione culturale: pensiamo alla realizzazione di banche dati ragionate di artisti, alla costituzione di anelli con altri siti che permettono lo scambio continuo di notizie, ai rapporti con istituzioni, alla traduzione di testi, alla diffusione di progetti d’artista,  ec.
Forse uno dei tanti dilemmi da sciogliere è quello della legittimazione nei confronti del lavoro di Rete; in altri termini, le garanzie, le “attribuzioni” che la visione commerciale impone ad un’opera d’arte telematica trovano il proprio riconoscimento fuori o dentro Internet? Un intervento di Rete è legittimato dalle “regole”, usi e modi interni alla Rete stessa, oppure rispetta il logoro galateo del sistema dell’arte esterno ai percorsi telematici? Ci imbattiamo in temi scottanti e molto dibattuti quali l’indicizzazione dei documenti web, il ranking (posizionamento nella classifica dei risultati di un motore di ricerca) e la net-audience (misurazione delle visite ad un sito).

La scommessa comunicativa che ci apprestiamo a fare metterà in discussione i nostri attuali comportamenti nel mondo dell’arte in Rete. Non conosciamo bene le strategie, le rotte, i rischi ed i pedaggi. Ma non  possiamo tornare indietro.
E’ capitale Il segnale che ci arriva dall’economia attuale: e la reazione ad un segnale capitale non può essere troppo intempestiva e debole.
E tante domande poste da chi vive in Rete parte della propria vita potrebbero trovare risposta nel prendere di petto il problema e forse all’interno della New Economy più che altrove  si aprono facilmente certe porte su ciò che l’arte in Rete è oggi e soprattutto su ciò che essa potrebbe essere domani.
E’ una questione di percezione, non vedo soluzioni precise circa gli scenari futuri dell’arte telematica, non so cosa può accadere ora; ma se l’arte deve rappresentare linee di crisi e di frattura, questa sfida mi sembra un’ottima occasione per operare.